La litografia (dal greco lithos = pietra e ghraphé = scrittura) veniva ricavata in origine da una matrice di pietra, solo più tardi anche da lastre di metalli porosi come lo zinco e l'alluminio.
La particolarità di questa tecnica è che sulla matrice non c'è incisione, infatti la litografia è una tecnica con matrice in piano.
L'invenzione della stampa litografica, sul finire del Settecento, ha comportato due rivoluzioni. Da un lato ha messo alla portata di tutti gli artisti il mezzo incisorio, dall'altro ha reso finalmente possibile la realizzazione della stampa a colori.
Una matrice litografica, inoltre, può incidere un numero di copie enormemente superiore ad una matrice ad acquaforte, il che ha permesso la diffusione di incisioni d'autore. Anche per questo motivo si è sviluppata la stampa industriale nel 18º secolo.
La litografia è una tecnica tanto complicata nel principio e nell'invenzione quanto semplice nell'utilizzo; permise da subito a qualsiasi pittore che sapesse a malapena disegnare, di applicarsi all'incisione originale, senza dover imparare altre tecniche. Altri artisti come Goya, Toulouse-Lautrec, Daumier, Redon, si rivolsero alla nuova tecnica per esplorarne le possibilità espressive.
La stampa litografica si basa su di un fenomeno già ben conosciuto fin dall'antichità e cioè la reciproca repulsione o incompatibilità fra l'acqua e le sostanze grasse; solo nel 1796 Aloïs Senefelder di Praga riuscì a perfezionare e a mettere a punto un sistema basato su questa proprietà, atto alla stampa.
Materiale basilare è stato fin dall'inizio la pietra litografica (in genere la "pietra di Solnhofen", Germania): una particolare pietra calcarea dalla struttura granulare, più o meno fine, ma molto regolare.
La pietra è costituita da carbonato di calcio e deve essere squadrata con le facce perfettamente parallele. La superficie da utilizzare deve essere granita fino ad asportare qualsiasi segno o traccia.
Gli strumenti utilizzati dall'artista per realizzare il proprio disegno sulla superficie della matrice non sono destinati ad inciderla, ma solo a lasciarvi un segno grafico; essi sono la matita litografica, il gessetto litografico, o ancora l'inchiostro litografico, da usarsi con normali penne o pennelli, a tampone, a spruzzo, ad acquerello.
Fatto il disegno la lastra passa allo stampatore litografo.
L'acidazione è la fase successiva.
Lo stampatore passa leggermente sulla pietra del talco e stende un velo uniforme di mordente, composto da una soluzione di gomma arabica, acqua e acido nitrico, su tutta la matrice.
Nelle parti non protette dall'inchiostro litografico, l'acido trasforma il carbonato di calcio (presente nella pietra) in nitrato di calcio. Il nitrato di calcio è idrofilo mentre il carbonato di calcio trattiene con facilità le materie grasse (dunque l'inchiostro).
Circa 24 ore dopo l'acidazione si toglie l'inchiostro litografico con trementina cancellando completamente il disegno eseguito dall'artista. La superficie non presenta né abrasioni, né incisioni poiché si è intervenuto sulla struttura chimica della matrice ed è per questo che questa tecnica e detta in piano.
Si passa ad una fase di lavaggio della pietra con acqua abbondante.
La pietra ancora umida viene inchiostrata con inchiostro litografico (composto principalmente da sapone e nerofumo), tramite un rullo di caucciù.
Le parti della pietra rimaste in carbonato di calcio, cioè quelle precedentemente disegnate, assorbiranno l'inchiostro deposto per rullatura.
Nella fase di stampa l'inchiostro presente nella matrice sarà poi trasferito alla carta nel successivo passaggio al torchio.
La pietra viene inumidita e inchiostrata a ogni tiratura. Al disegno si possono in seguito apportare aggiunte e fare correzioni mediante raschiatoi, punte o lame.
Il mezzo meccanico per la stampa dei fogli dalla matrice, ormai pronta, è il torchio litografico, ma anche la normale macchina offset, per quanto riguarda le lastre di zinco e d'alluminio. La differenza del risultato tra un disegno eseguito a mano ed un originale litografico sta nel fatto che il disegno, invece di prendere la grana del foglio di carta, prende quella più fine della pietra o della lastra di metallo.
Si ottengono tutte le tonalità del bianco o del nero o si possono fare anche stampe a colori, per le quali si preparano tante matrici, quanti sono i colori richiesti dal disegno. In questo caso si parla di cromolitografia.
Un ulteriore sviluppo è rappresentato dalla fotolitografia, in cui la stampa fotografica di un'immagine su una lastra di zinco sensibilizzata viene trattata chimicamente per poi essere stampata.